Inediti
MICHELE TRIZIO
***
Andatura incessante, rompi le vette
di questo ritorno, trabocca di quiete
una triste adorazione del tempo
se riscattiamo, pallido, il silenzio.
Le immagini, le immagini sono una
potenza vuota che sfonda e trascende
il teatro dei segni, la materia avvilisce,
e d’incanto offre quel segno adespoto
allo smarrimento. Qui una tavola, le
cose, gli involucri ora vibrano sfibrati,
fingono strutture filamenti movimento.
Chiami a raccolta la fine di una
estate, cielo nuvoloso, le foto
del litorale sfocate, prese
da un treno in corsa, l’esodo
di un senso nelle guerre autunnali.
Poi più niente.
***
Dici che ciò che ci resta, alla fine,
sono solo gli odori, e forse poco altro,
gli altri colori sulle superfici vive
mentre noi ci spegniamo piano piano.
E invece infinite volte un profumo
richiama la memoria al suo compito:
preservare le crepe, quelle amate,
che fanno tormento del ricordo.
Manchi, e per questo sei ovunque,
nella materia primordiale imprimi
le forme plastiche del congedo.
Posso solo vivere accanto alla trama
dei vetri, tagliarmi con il sorriso
tuo, impercettibile, staccarmi dal corpo
nella scena del giorno e amare questo
esistere in cui né si va né si rimane.
***
Ora un cerchio separa questi estremi,
unità di trasparenza la muta vita regge,
delle mie cose un immoto dimettersi.
Di poca sommessa eternità tu sciogli
la promessa, mi stringi e incancellabile
trascini la memoria. Non è pronto
ad accoglierti il mio nodo (non fingere),
più tira e stringe, più taglia le cartilagini.
Narrano le immagini la vita segreta delle
credenze, i bicchieri. Tutto va nel silenzio
e solo la penombra resta. Come
sarebbe limpido il mondo senza fatti.
Michele Trizio (1979) insegna Storia della filosofia medievale all’Università di Bari. Nel 2016 ha pubblicato Il neoplatonismo di Eustrazio di Nicea (Edizioni di Pagina). Sue poesie sono apparse su riviste e blog letterari.
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Fotografia © David Alan Harvey
21/01/2022