LAGHI DI PLITVICE
Il primo giorno precipita sempre nello stesso punto
quella rapida che arriva all’incontro
del fiume bianco col fiume nero
e più ci pensiamo pronti e gli occhi scaltri
più gli aggettivi non bastano allo stupore:
il verde spinge al delirio le pupille
le spinge dentro i torrenti lacrimanti accanto ai piedi
nell’oscurità acheropita degli antri in sequenza
e nelle spelonche verticali scolpite
come da una mano capace di tutto.
Pure da qui sarà passato Giuda
e se non proprio quello dalle labbra ardenti
un Giuda qualunque si sarà perso
in questo reticolato mistero del rimorso.
I laghi cascano nei laghi come fruste sui rami cedevoli
scorrono in altre acque e piovono così
eterni
perfettamente indenni.
TRAÙ
Continuiamo a sud
lungo le vertebre di questo paese
portati dall’auto come da un furore
che poco a poco iniziamo a sposare
accettando l’afa in dote e la fronte di febbre del cielo
a mezzodì si estende a largo e stende il sudore sulla strada
verso Traù di spiagge e navi
di fortezze di pietra e chiese di pietra e vuoti di pietra.
La carreggiata è lunga e monocorde e ai lati ha venditori
solitari di ogni cosa che viene dalle capre
regolari come pietre miliari e a destarli
a volte si attardano i turisti
svirgolando dall’asfalto ed arrestando di sbieco
ad ogni ora e così noi
ci siamo fermati contrattando
una moneta col nome di animale
riprendendo poi la via fieri di un tocco
di formaggio a pasta molle con la muffa.
KORNATI
Ti metti a pretesto con l’aria dimessa dell’isola
roccia a picco senza umanità
e pochi cespugli che non vorrebbero essere lì.
Il vento calmo fa poco rumore:
è in silenzio che allunghiamo il braccio
posiamo le mani oltre il blu colato sull’acqua
che ci pesca distratti a pascolare il tempo che resta.
I morti non sono tra noi
non in quest’ora del giorno
quando appaiono lo fanno ai bambini
come amici immaginari con la loro altezza esatta.
Noi ripensiamo alla nostra infanzia senza massacri
senza alluvioni o sismi, un gioco o una scommessa era tutto
quello che mocciosi avevamo da perdere.
Eppure questi attorno cresciuti dopo il peggio
sono ciò che l’occhio disconosce
ma la memoria della specie conferma.
Quando smetteremo di essere tentativi?
Vanni Schiavoni è nato a Manduria nel 1977, vive a Bologna. Ha pubblicato le raccolte poetiche: Nocte (L’Autore Libri, 1996); Il balcone sospeso (Lisi, 1998); Di umido e di giorni (LietoColle, 2004); Salentidudine (LietoColle, 2006); Guscio di noce (LietoColle, 2012); Quaderno croato (Fallone, 2020). Ha curato l’antologia poetica Rosso, tra erotismo e santità (LietoColle, 2010). Ha inoltre pubblicato i romanzi: Come gli elefanti in Indonesia (LiberArs, 2001) e Mavi (Emersioni, 2019)
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Fotografia © Przemyslaw Mioduszewski
03/06/2022