La poesia di Elisabetta Sancino brucia da sempre per autocombustione. L’ossidazione della sua densissima sostanza avviene per lampi, improvvise incandescenze, potentissime e inaudite cariche energetiche, e innesca il principio generatore del fuoco. Per questo Boudicca la rossa, «lingua imbrattata di sottopassaggi», «ustione e versi», apre la silloge a gambe aperte, a gola spalancata, e scardina, e divelle. E canta senza grazia (con oscena, erotica bellezza) dal marciapiede, dall’asfalto della strada. E ciò che canta urla: «chiudi tutti i libri / leggimi». Accade dentro la città, al fondo del bestiale ventre di cemento e moto: Milano, covatoio di «fiore interstiziale»; «Milano, mora di rovo e spina / nel costato».
«Divaricata e transitiva» e «carnivora e vegetale», la poesia di Elisabetta Sancino ha la sua stessa «bocca». Ancora di più potremmo dire che la poesia che si fa portare al mondo da questa autrice, dallo stile perfettamente maturo e da un timbro caratteristico inconfondibile nella moltitudine, in qualche modo si appropria della sua bocca e della sua lingua per farsi parola e voce: verbo tagliente, lama. Tanto che la bocca, come viene descritta nella poesia che conclude questo libro, nella seconda delle due sezioni che lo compongono (Boudicca la rossa e L’ocra in punta di lingua), ha colature di «minuscoli rivoli di sangue» e viene usata tanto per «mangiare» ogni visione (divorandola fino all’osso), quanto per «ululare» il proprio «salmo continuo». L’enormità [della rappresentazione di Boudicca] è tutta riconoscibile e constatabile all’interno di questa versificazione, e si concretizza attraverso lo stesso soggetto parlante in prima persona, testimoniante se stesso dall’interno della propria condizione e caratteristica di amenità come rosa nel deserto, «melagrana» spaccata sull’asfalto dotata di potentissima, irriverente, blasfema bellezza. Boudicca sembra quasi urlarla questa sua lingua beat del residuo: si tratta di repentine esplosioni, epifanie che dischiudono perle di inaudita forza e «predilezione», che non è possibile non accostare al concetto stesso di creazione per il quale la divinità è la scintilla di una enunciazione «spalancata sul buio» (bocca che «non tace» perché «non le piace morire»).
Dalla prefazione di Silvia Secco
IL CIELO SOPRA LE GALLERIE D’ITALIA
Nella città degli eventi
il mio occhio registra le nubi
gli stormi di uccelli in transito
e qualcosa accade
fuori programma
la semina celeste, la predestinazione
della luce a trascinarci altrove
dove la salinità è persistente
e l’occhio piange
LA SALA DEI GIOCHI
Hai presente la Casa dei Borromei
quella col portale a forma di cuore
e un dromedario sulla cuspide
là dentro nella sala a pianterreno
ragazze dalle fronti altissime
leggono i tarocchi e giocano
in mezzo ai melograni
io dormo qui fuori e di notte
faccio un salto da loro
mi strappo le sopracciglia
m’infilo una pellanda
divento una vera dama
gioco come facevo un tempo
sono quella che impugna la mazza
in procinto di colpire la palla
sono quella che attacca
SPAZIALISMO
Vi saluto dalla finestra
poi mi metto a squarciare la tela
ho lame di precisione dentro i cassetti
quando arrivano gli ospiti
metto il grembiule e affondo
il coltello nelle carni
quando arrivano certe visioni
tolgo il vestito e accedo
allo spazio proibito
un taglio netto poi il dito
inizia a tastare oltre
dove c’è buio e luce
mi dici che l’arte è altrove
anche la vita e il sole
sono lontani da qui
ma io ci entro dentro questi tagli
maldestri come le bocche degli
uomini a cui non ho mai chiesto di
restare.
Io so esattamente quando tornare
liscia e verticale
Elisabetta Sancino, nata e residente in provincia di Milano, è laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne a indirizzo storico-artistico e lavora come docente di lingua e letteratura inglese e guida turistica autorizzata, collaborando con enti italiani e stranieri volti alla promozione della cultura e dell’arte, tra i quali l’English Heritage e lo Shakespeare Birthplace Trust. L’ocra in punta di lingua (Lietocolle / Ronzani Editore, 2023) è il suo quarto libro di poesia, preceduto da: Frammenti viola (96, rue de-La-Fontaine Edizioni, 2016), Il pomeriggio della tigre (Terra d’Ulivi, 2018 – terzo premio ex-aequo al concorso nazionale Don Luigi di Liegro 2019) e Collezione privata (puntoacapo, 2021 – primo premio concorso internazionale Michelangelo Buonarroti 2021 e premio della giuria concorso internazionale Lord Byron 2021). Suoi testi sono presenti in antologie, siti, blog e riviste letterarie e sono stati tra i finalisti, segnalati o premiati in numerosi concorsi nazionali. Fa parte della redazione del blog letterario «Versante Ripido» – dove tiene la rubrica ‘The Scarlet Letter’, dedicata all’arte e alla poesia, con particolare attenzione alla letteratura dei paesi anglofoni – e della giuria del premio Versante Ripido per la sezione poesia edita.
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Fotografia © Alex Webb
29/06/2023