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ALEJANDRA PIZARNIK
Poesie scelte

Poesia


Tu scegli il luogo della ferita

dove dicemmo il nostro silenzio.

Tu fai della mia vita

questa cerimonia troppo pura.



Anelli di cenere


                                                      a Cristina Campo


Stanno le mie voci al canto

perché non cantino loro,

i grigiamente imbavagliati nell’alba,

i camuffati da uccello desolato nella pioggia.


C’è, nell’attesa,

una voce di lillà che si spezza.

E c’è, quando si fa giorno,

una scissione del sole in piccoli soli neri.

E quando è notte, sempre,

una tribù di parole mutilate

cerca asilo nella mia gola,

perché non cantino loro,

i funesti, i padroni del silenzio.



La notte


Della notte so poco

ma di me la notte sembra sapere,

e più ancora, mi assiste come se mi amasse,

mi ammanta di stelle la coscienza.


Forse la notte è la vita e il sole la morte.

Forse la notte è nulla

e nulla le nostre congetture

e nulla gli esseri che la vivono.

Forse le parole sono l’unica cosa che esiste

nel vuoto enorme dei secoli

che ci graffiano l’anima coi ricordi.


Ma la notte conosce la miseria

che succhia il sangue e le idee.

Scaglia l’odio, la notte, sui nostri sguardi

che sa pieni di interessi, di incontri mancati.


Ma accade che la notte, ne senta il pianto nelle ossa.

Delira la sua lacrima immensa

e grida che qualcosa è partito per sempre.


Un giorno torneremo a esistere.



Le opere e le notti


per riconoscere nella sete il mio emblema

per significare l’unico sogno

per non aggrapparmi di nuovo all’amore


sono stata tutta un’offerta

un puro errare

di lupa nel bosco

nella notte dei corpi


per dire la parola innocente



Presenza


la tua voce

in questo non potersene uscire le cose

dal mio sguardo

mi spossessano

fanno di me un vascello in un fiume di pietre

se non è la tua voce

pioggia sola nel mio silenzio di febbri

tu mi liberi gli occhi

e per favore

parlami

sempre.



Gli occhi aperti


Qualcuno misura singhiozzando

l’estensione dell’alba.

Qualcuno pugnala il cuscino

in cerca del suo impossibile

spazio di quiete.



Questa notte, in questo mondo


                                                      a Martha Isabel Moya


questa notte in questo mondo

le parole del sogno dell’infanzia della morte

non è mai questo che si vuol dire

la lingua materna castra

la lingua è un organo di conoscenza

del fallimento di ogni poesia

castrata dalla sua stessa lingua

che è l’organo della ri-creazione

del ri-conoscimento

ma non della resurrezione

di qualcosa in forma di negazione

del mio orizzonte di maldoror col suo cane

e niente è promessa

tra il dicibile

che equivale a mentire

(tutto ciò che si può dire è menzogna)

il resto è silenzio

solo che il silenzio non esiste


no

le parole

non fanno l’amore

fanno l’assenza

se dico acqua berrò?

se dico pane mangerò?


questa notte in questo mondo

straordinario il silenzio di questa notte

con l’anima succede che non si vede

con la mente succede che non si vede

con lo spirito succede che non si vede

da dove viene questa cospirazione d’invisibilità?

nessuna parola è visibile


ombre

spazi viscosi dove si occulta

la pietra della follia

neri corridoi

li ho percorsi tutti

oh fermati un altro po’ tra di noi!


la mia persona è ferita

la mia prima persona singolare


scrivo come chi alza un coltello nel buio

scrivo come dico

la sincerità assoluta sarebbe sempre

l’impossibile

oh fermati un altro po’ tra di noi!


lo sfacelo delle parole

che sloggiano il palazzo del linguaggio

la conoscenza tra le gambe


che cosa hai fatto del dono del sesso?

oh miei morti

li ho mangiati mi sono strozzata

non ne posso più di non poterne più


parole camuffate

tutto scivola

verso la nera liquefazione


e il cane di maldoror

questa notte in questo mondo

dove tutto è possibile

tranne

la poesia


parlo

sapendo che non si tratta di ciò

sempre non si tratta di ciò

oh aiutami a scrivere la poesia più prescindibile

           quella che non serva nemmeno

           a essere inservibile

aiutami a scrivere parole

in questa notte in questo mondo



***


La poesia che non dico,

quella che non merito.

Paura di essere due

sulla via dello specchio:

qualcuno che dorme in me

mi mangia e mi beve.



***


no, la verità non è la musica

io, triste attesa di una parola

qual è il nome che cerco

e che cosa cerco?

non il nome della deità

non il nome dei nomi

ma i nomi precisi e preziosi

dei miei desideri nascosti


qualcosa in me mi punisce

da tutte le mie vite:

– Ti abbiamo dato tutto il necessario perché comprendessi

e hai preferito l’attesa,

come se tutto ti annunciasse la poesia

(quella che non scriverai mai perché è un giardino inaccessibile


– sono solo venuta a vedere il giardino –)

Alejandra Pizarnik nasce ad Avellaneda (Buenos Aires) il 29 aprile 1936, in una famiglia di emigrati ebrei di origine russa. Assieme alla sorella maggiore Myriam compie i primi studi in una scuola ebraica, dove impara a leggere e a scrivere in yiddish. Durante l’adolescenza comincia a fare uso di anfetamine per curare i disturbi fisici di origine nervosa che la affliggono. A 18 anni si iscrive alla facoltà di Filosofia, poi a quella di Lettere e infine alla Scuola di giornalismo, ma non porta a termine gli studi. Dal 1960 al 1964 vive a Parigi. Muore a Buenos Aires nella notte tra il 24 e il 25 settembre 1972 per un’overdose di barbiturici.



*

Testi selezionati da La figlia dell’insonnia (trad. di C. Cinti, Crocetti, 2004)

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